Letteratura

ELOGIO AL BUIO

PREFAZIONE
«È incredibile come io non ci veda con la luce elettrica e come invece ci veda un pochino, ma
sempre di più, con la luce delle candele. Non mi sono rassegnata al buio quando è arrivato, ho
imparato ad accettarlo senza repulsione, ho lasciato che le tenebre mi inghiottissero e
intravedendole col lume della candela vedo le infinite sfumature della bellezza con la telecamera dei
sensi», afferma la protagonista del romanzo di Ivana Brigliadori che, proprio in questa frase,
condensa il binomio tra il non vedere e il vedere
nella cecità. Una condizione che è essenziale,
perché tutta la narrazione si basa sul rapporto tra maschera e sostanza, tra luce e buio, tra conoscenza
e illusione.
Si tratta, cioè, di un percorso interiore in cui progressivamente si prende coscienza di se stessi,
in cui l’opacità della vista della donna, o la sua assenza, non può e non deve
essere elemento di
esclusione dal rapporto con gli altri. Il sentimento di nullità, che la investe, è indicativo da un punto
di vista narratologico, infatti non venendo mai menzionato il suo nome si manifesta in modo
inequivocabile. Ma la vita, e i contrasti che in essa risiedono, permettono alla fine una maturazione,
una realizzazione della coscienza.
Si tratta di un romanzo psicologico, nel quale emergono con preponderanza altri due
personaggi, i quali, per certi versi, condividono e influenzano la vita della protagonista. Il primo è
Giuseppina, l’unica ad avere un nome nella nebbia, una badante dal carattere forte e compulsivo,
che tende a schiacciare le personalità che entrano in contatto con lei. Dall’altro lato la figura
maschile,
il quale materializza la via d’uscita dalla cecità, sembrando essere il viatico verso la vita,
quella vera. Eppure, il dato che non sia mai presente il suo nome manifesta tutta la problematicità e la
clandestinità di un rapporto amoroso. Da lui nasce un dubbio ulteriore sull’apparenza e sulla realtà,
sulla
genuinità del sentimento oppure sulla sua perversione. In questo dualismo si sviluppa la vicenda,
da esso si cerca di liberarsi attraverso il recupero dell’autostima, si cerca di riappropriarsi dell’esistenza.
«Essere single non è uno stato sociale, ma una categoria dello spirito», pensa ancora la donna
in uno dei capitoli conclusivi del libro, ma questo essere single non significa vivere nella solitudine.
Il superamento di questo stallo permette la salvezza. Come la candela citata all’inizio, che consente
di vedere meglio rispetto alla luce invasiva della lampadina, allo stesso modo, dopo numerose
disavventure, si accende la candela interiore, si intravede lo spiraglio.
Un romanzo, che si è classificato al primo posto per gli inediti al “Premio letterario Città di
Montefiorino 2016”, che potrebbe costituire benissimo il canovaccio per una sceneggiatura filmica,
perché esistono in esso tutti gli elementi di una storia avvincente: la vita che si accanisce, la disabilità
come risorsa e non come handicap, l’amore, gli affetti, l’emarginazione e, infine, la rinascita di sé.
Difatti,
Elogio al buio
è stato considerato il migliore tra i romanzi inediti al “Festival di Rive Gauche
Arte e Cinema 2017”, con la seguente motivazione: «Una storia di violenza fisica e psicologica, di
silenzi e di indifferenze, pronta a sfociare in un epilogo inaspettato, sorprendente, che scivola dal
drammatico al suggestivo. Con pochi quanto perfetti ingredienti, Ivana Brigliadori cattura di volta in
volta gli aspetti più ironici e inquietanti della realtà, costruendo un’opera da potersi leggere come
romanzo classico e, al tempo stesso, adattabile alla migliore trasposizione cinematografica».
Giuseppe Manitta
– 1° classificato PREMIO LETTERRARIO CITTA’ DI MONTEFIORINO 2016
– 1°classificato PREMIO LETTERARIO ARTE E CINEMA RIVE GAUCHE FIRENZE 2017
– 3° classificato PREMIO LETTERARIO MACABOR 2018